Il caffè espresso ha origini italiane, sia per metodo di produzione che per la produzione industriale di macchine per caffè espresso, diffusasi in Italia come perfezionamento di un prototipo presentato all'Esposizione Universale di Parigi del 1855.
L'acqua calda nella preparazione del caffè esisteva da secoli, ma nel novecento si sentì la necessità di inventare un sistema capace di preparare il caffè all'istante realizzando così un prodotto senza la presenza della polvere.
Furono in diversi a cimentarsi nell'impresa ma, prototipi a parte, la prima vera azienda a lanciare sul mercato a livello industriale una macchina capace di operare sotto pressione fu l'italiana Bezzera. Era il 1901 e il primo esemplare di macchinetta del caffè presentava dei limiti evidenti: la pressione veniva data attraverso un ingegnoso e difficile meccanismo a vapore, per nulla facile da impiegare.
Negli anni a seguire furono introdotti sul mercato diverse varianti o soluzioni alternative. Gaggia, ad esempio, utilizzò una molla che forniva la pressione per spingere l'acqua attraverso il caffè in circa 15 secondi.
Nel 1961 Carlo Ernesto Valente, fondatore della Faema, cercò di ridurre il lavoro muscolare dei tanti baristi inserendo una pompa elettrica per la spinta dell'acqua. Nasceva così la moderna macchina per l'espresso.
Cenni storici sul caffè
Fino al XIX secolo non era certo quale fosse il luogo di origine del caffè. All’epoca si ipotizzava che la pianta crescesse in Persia e nello Yemen, oltre che nell’Etiopia. Pellegrino Artusi, gastronomo italiano del 1820, nel suo celebre manuale intitolato “La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene”, sosteneva che il caffè migliore era quello proveniente dalla città yemenita di Mokha e di conseguenza lo Yemen divenne il luogo d’origine della pianta del caffè.Prima del 1.000 d.C. le ciliegie del caffè venivano consumate verdi o estraendo il seme. Gli arabi, invece, pensarono di bollire i chicchi nell’acqua per preparare un infuso. Questo “vino d’Arabia” venne importato in Occidente dai mercanti veneziani all’incirca nel 1615. All’inizio fu venduto nelle farmacie come antidoto a molti mali ma nacquero ben presto le botteghe del caffè.La prima bottega italiana fu aperta nel 1683 a Venezia in Piazza San Marco e nel giro di un secolo se ne potevano contare più di duecento. Alcune acquisirono una connotazione intellettuale – “Caffè filosofici” – diventando luogo di incontro dei migliori pensatori e filosofi.I Caffè Florian e Quadri di Venezia videro tra i propri frequentatori intellettuali del calibro di Byron, Rousseau, Canova e Pellico. Non meno celebri divennero il Caffè Michelangelo di Firenze, il Caffè Pedrocchi di Padova e i Caffè Greco e Aragno di Roma.Anche in seguito i caffè – o meglio i moderni bar – hanno continuato e continuano ad essere punti di aggregazione per discussioni di vario genere: sport, politica, arte e altri temi d’attualità.
La coltivazione
Il caffè viene coltivato nella zona tropicale, a cavallo dell’equatore. La pianta del caffè appartiene alla famiglia delle Rubiacee, genere Coffea. Ad esso appartengono diverse specie e, tra queste, rivestono particolare importanza l’Arabica e la Canefora, meglio conosciuta come Robusta. Tra le due specie la più diffusa è l’Arabica, tanto che i tre quarti della produzione mondiale provengono dalla sua coltivazione. Essa è in grado di produrre una bevanda aromatica, meno amara e meno astringente rispetto alla Robusta.Una coltivazione di piante del caffè.La propagazione della pianta del caffè avviene attraverso due metodi principali: per talea o per semina che è, senza dubbio, il sistema più utilizzato. Sui rami secondari spuntano fiori di colore bianco dal profumo intenso e dalla fioritura molto breve. Da questo fiore ha origine la drupa, un frutto carnoso, molto simile ad una ciliegia. La drupa presenta una buccia spessa e lucida, inizialmente di colore verde, poi di colore rosso vivo a maturazione completa.La fioritura della pianta del caffè è strettamente legata al fenomeno delle piogge, infatti questo processo avviene tante volte quante sono state le precipitazioni nell’arco dell’anno.La ciliegia contiene due semi di forma ovale allungata disposti frontalmente. Il seme dell’Arabica di colore verde ha un solco che ricorda una “S”, mentre quello della Robusta è più rotondeggiante con il solco quasi dritto ed ha un colore verde pallido, con sfumature grigie.I due semi sono ricoperti da una pellicola spessa e biancastra detta pergamino, che svolge una funzione protettiva, mentre nello strato sottostante troviamo una seconda pellicola di colore argenteo, perfettamente aderente al seme.
La raccolta dei frutti
Esistono due modalità di raccolta delle ciliegie: lo stripping e il picking. Il primo metodo consiste nello strappare tutti i frutti di un rametto facendolo passare tra le dita. Questo comporta una qualità del raccolto inferiore. Il picking, invece, è il più costoso, in quanto viene eseguito a mano raccogliendo solo le ciliege rosse e mature. Si ottiene così un prodotto finale di elevata qualità.
L’estrazione del seme dal frutto
Successivamente alla raccolta si procede all’estrazione del seme dal frutto con trattamento a secco oppure con trattamento in umido.Se la raccolta è avvenuta per stripping è necessario per prima cosa separare i frutti dalle foglie, dai pezzi di legno e dalle pietruzze. Quindi si procede con la lavorazione a secco: le ciliegie vengono fatte seccare al sole per diversi giorni e, quando buccia e polpa sono completamente asciutte, vengono passate attraverso una macchina decorticatrice, che spezza buccia, polpa e pergamino, liberando i chicchi; questi vengono separati e classificati per tipo e per grandezza (“crivello”). Il trattamento a secco dà origine ai caffè naturali, detti anche “non lavati”.Più lungo e complicato è il trattamento in umido. Per praticarlo è necessario avere effettuato la raccolta manuale con il metodo picking che garantisce una maggiore uniformità di dimensione e maturazione dei frutti e una sufficiente morbidezza della polpa. Infatti, appena colte le ciliegie, vengono introdotte in macchine apposite che liberano il seme contenuto nel pergamino.Allo spolpamento segue la fase di fermentazione che prevede l’immersione dei chicchi in grandi vasche d’acqua, per due o tre giorni. Questo trattamento, oltre a eliminare la polpa residua, sviluppa nel chicco una serie di reazioni chimiche che ne migliorano le qualità aromatiche e il gusto.Dopo la fermentazione i chicchi in pergamino sono setacciati mediante un ulteriore lavaggio con il quale i grani non perfettamente maturi salgono in superficie agevolandone la selezione.Si passa così all‘essiccazione che, se compiuta al sole, migliora le caratteristiche dei caffè lavati. Solo ad asciugatura avvenuta si procede all’eliminazione del pergamino. Il maggiore dispendio di tempo e energie che comporta il processo in umido è compensato da un’ottima qualità del prodotto e da una maggiore costanza delle partite ed omogeneità dei chicchi.
La tostatura
La tostatura conferisce al caffè l’aroma, il gusto e il colore che gli sono propri. Essa consiste nel portare il chicco del caffè a temperature di tamburo comprese tra 200 e 230 gradi, mediante particolari attrezzature che sono sostanzialmente di due tipi:
macchine tradizionali a tamburo rotante e a ciclo discontinuo in cui il caffè viene progressivamente riscaldato da aria calda, per un tempo variabile fra 15 e 25 minuti, sono attualmente le più idonee per la tostatura del caffè destinato all’espresso; macchine a letto fluidificato, a ciclo continuo, nelle quali si crea un vortice di aria calda che tiene in sospensione i chicchi per un minuto o poco più.
Migliorare la qualità del caffè in tazza in quanto unisce le caratteristiche migliori dei caffè di origine colmandone le lacune; offrire al torrefattore la possibilità di gratificare maggiormente il consumatore attraverso l’espressione tangibile della sua competenza e capacità; consente al torrefattore di dare sempre un prodotto di uguale valore organolettico ponendo rimedio ai continui cambiamenti delle materie prime, dovute ai cicli naturali dell’ecosistema in cui il caffè viene prodotto.
Decantazione
Dopo la tostatura che rende i chicchi di caffè di un colore marrone scuro, il caffè deve essere conservato in appositi maxi-contenitori rigorosamente igienici ad una temperatura non inferiore ai 10 gradi. La procedura è necessaria per preservarne il “gusto e la freschezza” e per evitare il congelamento degli oli e dei grassi naturali che impedirebbero una corretta esecuzione dell’espresso.
Il confezionamento
A questo punto il caffè è pronto per essere consumato e va confezionato per il commercio. Il confezionamento è una fase importante e delicata del processo lavorativo del caffè, che ha il compito di conservarlo e di preservarlo dagli agenti atmosferici dopo la tostatura.Il problema di mantenere inalterato l’aroma del caffè fino al momento del consumo è molto sentito, difatti grazie a numerosi studi, esistono oggi una serie di tecniche di confezionamento, sempre più rispondenti alle diverse esigenze.Oggi il produttore può scegliere fra una gamma di confezioni sempre più vasta e tecnicamente valida, per soddisfare la necessità commerciale di far giungere al consumatore una miscela integra.Esistono confezioni morbide con alluminio: si confeziona in presenza di ossigeno o in assenza (vuoto) o con un gas inerte; si utilizza sempre più spesso, con ottimi risultati, la banda stagnata (barattolo) ermetica o con l’applicazione della valvola unidirezionale e numerosi altri metodi a seconda della tipologia dell’utilizzatore e dei tempi di magazzinaggio.